mercoledì 21 novembre 2007

Ero stato a trovarti, sai

Ero stato a trovarti, sai, quella sera di settembre, nella tua stanza con il rame alle pareti, lucido, pulito, scintillante com'eri sempre stata tu.

Ero stato a trovarti nella tua stanza preferita, dove una volta mi toglievo il cappotto e mi sedevo al camino e mi offrivi il tuo tè, e i tuoi biscotti fatti in casa, con il burro e con la panna e mi parlavi del passato, e di quello ch'era stato, della vita che se ne andava e di chi non c'era più. E mi parlavi di te, e ti parlavo di me e gli inverni passavano così, in quella stanza calda e così bella, con le fiamme del camino che accendevano il rame e il tuo volto così rosa.

Ero stato a trovarti, sai, alla sera, quand'eri ormai rimasta sola nella stanza preferita, con il rame alle pareti ma il camino che era spento; e tu eri lì con il viso così bianco e i capelli pettinati e le forcine ordinate e il vestito elegante che dicevi con orgoglio d'aver comprato a Milano prima che cambiasse tutto quel settembre di quaranta anni fa.

E ti rivedo ancora, così chiara nei miei occhi, quaranta anni fa, ti rivedo come fosse proprio adesso, che correvi inciampando sulla strada polverosa che scendeva verso il fiume coi capelli spettinati e quel tuo vestito nero, e urlavi disperata "el mè Paolin, el mè pinìn!" e le donne del paese che correvano con te e urlavano con te e piangevano con te quel tuo figlio sfortunato, quel tuo figlio annegato e portato in processione su dal fiume come un Cristo crocifisso con le braccia spalancate e i capelli gocciolanti e quel viso così bianco e la bocca martoriata e i denti spezzati e le labbra insanguinate.

Ero stato a trovarti, sai, quella sera di settembre, nella tua stanza preferita con il rame alle pareti, dove tu mi offrivi il tè , per il mio ultimo saluto, per la mia ultima carezza su quel tuo viso così bianco, sbiancato da una vita di dolore che t'aveva segnata, consumata e alla fine abbandonata.

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