Noi vogliamo scrivere per pochi, e con la nostra scrittura schiaffeggiare l'ignorante, lo zotico, l'analfabeta.
Noi mettiamo in atto una scrittura che non possa essere compresa dalla massa primordiale suburbana proletaria illetterata. Noi usiamo aggettivi, avverbi e sostantivi desueti, in modo che essi rimangano oscuri alla massa dei cialtroni decerebrati da pastasciutta e televisione.
Noi vogliamo ridurre il numero dei nostri lettori a quei pochissimi che sappiano di italiano, latino, greco.
Per questo noi usiamo un linguaggio arduo, astruso, arcadico, antipratico.
Noi vogliamo che lo schiaffo e la sberla dei nostri scritti incomprensibili si stampi come icona di vergogna sulle facce idiote e le gote flaccide di ragazzini obesi e di genitori ignoranti vestiti di tute da ginnastica e dotati di borsello porta-cellulare.
Noi vogliamo che dei nostri scritti rimanga nei cervelli piccoli e rintontiti da mille ore di televisione un enorme punto interrogativo che tutto sovrasta e tutto rende incomprensibile.
Noi non amiamo la massa degli illetterati: noi vogliamo parlare all'aristocrazia del pensiero.
Per questo noi siamo passatisti-futuristi: perché attraverso la lingua del passato si possa costruire un fulgido futuro d'avanguardia di pensiero esclusivo.
mercoledì 18 novembre 2009
martedì 17 novembre 2009
Sicut umbra dies nostri supra terram
Ero sul tram. Intorno a me giovani donne bellissime con i seni rifatti.
Ed ecco che, come in un incubo ossianico, m'appare negra la repentina fosca visione d'un cimitero notturno e di mille tombe sparse; e dentro quelle bianche tombe rilucenti alla Luna, cenere grigia e pochi resti mortali di quelle donne che furono belle. E fra quei miseri resti offesi dal tempo e mortificati dalla nera putredine della terra che li ricopre, ecco scintillare immortali, come speranza di resurrezione eterna, due protesi di silicone bianche baluginanti nella notte selenica: ciò che rimane dell'insulto della morte e del tempo che fugge.
Ahi, poveri noi e povera Umanità mortale! Sicut umbra dies nostri supra terram.
Ed ecco che, come in un incubo ossianico, m'appare negra la repentina fosca visione d'un cimitero notturno e di mille tombe sparse; e dentro quelle bianche tombe rilucenti alla Luna, cenere grigia e pochi resti mortali di quelle donne che furono belle. E fra quei miseri resti offesi dal tempo e mortificati dalla nera putredine della terra che li ricopre, ecco scintillare immortali, come speranza di resurrezione eterna, due protesi di silicone bianche baluginanti nella notte selenica: ciò che rimane dell'insulto della morte e del tempo che fugge.
Ahi, poveri noi e povera Umanità mortale! Sicut umbra dies nostri supra terram.
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