sabato 16 agosto 2008

Si respira il Futuro della Terra

Scrivo da una sedia comodissima all'interno di un giardino tropicale con alberi di, credo, banane tutto intorno. Proprio vicino a me una fontana modernissima di alluminio dispensa, gratis, acqua
naturale refrigerata per chi avesse sete; più in là se ne scorgono altre, forse sono decine; mezz'ora fa ho fatto la doccia in una toilette arredata di pietre naturali grezze a pavimento e alle pareti; mi sono anche fatto la barba in un lavabo di vetro di design modernissimo e con rubinetti d'acciaio che sembravano baionette d'arditi schierate per l'assalto.

Tutto intorno a me, in corridoi e saloni di migliaia di metri quadrati, una moquette con decorazioni che ricordano foglie di alberi tropicali ricopre, morbidissima e pulitissima, ogni angolo di questa struttura enorme, futurista, tecnologica, fatta di vetro e acciaio. Sale attrezzate per mamme e bambini ospitano ciurmaglie entusiaste di piccole pesti che giocano con specie di ologrammi che vengono proiettati sul pavimento. Il luogo è affollatissimo di persone indaffarate ma sorridenti con bagliori entusiastici che scintillano dalle loro dentature bianchissime.
Parlano molte lingue e naturalmente anche l'inglese: pure il poliziotto, la signora delle docce, il barista indiano, la filippina che lava i vetri parlano inglese. Tutti sorridono, sempre, anche
quando chiedi un'informazione. E ti danno ascolto. Ci sono pochi europei e li si riconosce per l'aspetto generalmente trasandato, la postura svaccata, la barba di due o tre giorni, per la leggera
pinguedine che contraddistingue gli adulti e per l'oscena obesità che deturpa i corpi ormai sferici dei loro bambini.
Quelli del posto, invece, sono sempre vestiti, come dire?, normali: gli uomini hanno i
loro abiti e le donne portano la gonna, a tutte le età.
Gli italiani li riconosco senza neppure bisogno di sentirli parlare: sembrano mozzi di vascelli olandesi del '600 in libera uscita: pieni di tatuaggi, ricoperti di orpelli firmati del tipo di braccialetti con su scritto D&G, orecchini al naso e pezzi di ferro infilati in ogni parte del corpo: sono cafoni, sguaiati, parlano ad alta voce, dicono migliaia di parolacce e, naturalmente, bestemmiano. Sono giovani e danno l'idea di non capire neppure bene dove si trovino, ma si vede
benissimo che si sentono a disagio e, per insana reazione, fanno branco. Proprio adesso, vicino a me, si è sistemato un terzetto che si è messo a bere birra e la ragazza tiene i piedi sulla sedia.

Scrivo dall'aeroporto di Singapore, estremo Oriente di questo nostro Occidente che non c'è più, che è finito, che si perde in fasti ormai lontani, dimenticati e inutili e che non vuole saperne di riconoscere che, ormai, è finita. A Singapore c'è il mondo nuovo, quello del Futuro, quello che avrebbe potuto sognare F.T. Marinetti. C'è la Venezia Futurista fatta di ponti di vetro-acciaio che lui immaginava quando denunciava la Venezia passatista marcia e ormai disfatta. Ci sono i treni gratuiti e sopraelevati che ti portano, ogni due minuti, da un terminal all'altro. E ci sono le aree per fumatori, dove sei accolto come ogni altro passeggero e dove puoi alleviare la tensione di lunghe ore di volo fumando una sigaretta.

E poi c'è un'ultima cosa: qui non c'è la "democrazia": un signore, molto preparato, dirige e decide per tutti e le sue decisioni sono apprezzate da tutti, sembrerebbe. La gente sta bene, magari non
può votare per Luxuria o per Bossi o per Berlusconi o per Fassino o per Mastella ma la cosa che salta all'occhio, qui, è che la nostra democrazia finta, sgangherata, da operetta, fatta di cialtroni e per un popolo di cialtroni è destinata al ridicolo e al fallimento.
Qui, a Singapore, si respira aria di forza, di entusiamo, di ricchezza, di giovinezza, di voglia di vivere. Si respira il Futuro della Terra e di questa nostra Umanità.